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Apuleio
Metamorfosi (l'asino d'oro), IV, 3
 
originale
 
3. Talibus fatis implicitus etiam ipsam salutem recusans sponte illud venenum rosarium sumere gestiebam. Sed dum cunctanter accedo decerpere, iuvenis quidam, ut mihi videbatur, hortulanus, cuius omni prorsus holera vastaveram, tanto damno cognito cum grandi baculo furens decurrit adreptumque me totum plagis obtundit adusque vitae ipsius periculum, nisi tandem sapienter alioquin ipse mihi tulissem auxilium. Nam lumbis elevatis in altum, pedum posteriorum calcibus iactatis in eum crebriter, iam mulcato graviter atque iacente contra proclive montis attigui fuga me liberavi. Sed ilico mulier quaepiam, uxor eius scilicet, simul eum prostratum et semianimem ex edito despexit, ululabili cum plangore ad eum statim prosilit, ut sui videlicet miseratione mihi praesens crearet exitium. Cuncti enim pagani fletibus eius exciti statim conclamant canes atque ad me laniandum rabie perciti ferrent impetum passim cohortatur. Tunc igitur procul dubio iam morti proximus, cum viderem canes et modo magnos et numero multos et ursis ac leonibus ad compugnandum idoneos in me convocatos exasperari, e re nata capto consilio fugam desino ac me retrorsus celeri gradu rursum in stabulum quo deverteramus recipio. At illi canibus iam aegre cohibitis adreptum me loro quam valido ad ansulam quandam destinatum rursum caedendo confecissent profecto, nisi dolore plagarum alvus artata crudisque illis oleribus abundans et lubrico fluxu saucia fimo fistulatim excusso quosdam extremi liquoris aspergine alios putore nidoris faetidi a meis iam quassis scapulis abegisset.
 
traduzione
 
Vedendomi perseguitato in tal modo dalla malasorte mi pass? anche la voglia di vivere e cos? decisi di farla finita col veleno di quelle rose. Ma mentre, esitante, mi accingevo ad addentarle, un giovanotto, l'ortolano credo, al quale poco prima avevo saccheggiato il campo di cavoli, accortosi della rovina che gli avevo procurato, tutto infuriato, agitando un grosso bastone, mi piomb? addosso e afferratomi, me ne diede tante e poi tante che mi avrebbe ammazzato se alla fine non fossi riuscito a cavarmela da me e con un po' di giudizio: con grandi sgroppate, infatti, cominciai a tempestarlo di calci da sbatterlo contro la scarpata del monte lasciandolo malconcio. Poi me la diedi a gambe. Ma ecco che una donna, evidentemente sua moglie, appena lo vide dall'alto mezzo morto a terra si mise a correre verso di lui urlando e strepitando a bella posta per suscitare compassione di s? e farmela pagare. Infatti tutti i contadini dei dintorni alle urla di quella donna diedero la voce ai cani e me li aizzarono contro inferociti perch? mi facessero a brani. Quando vidi venirmi addosso tanti cani e tutti enormi, che avrebbero potuto affrontare benissimo orsi e leoni, allora pensai che la mia ultima ora era suonata e presi l'unica risoluzione che le circostanze mi suggerivano: smisi di fuggire e arretrando a tutta velocit? rientrai nella stalla dove avevamo fatto sosta. I cani, sebbene a fatica tornarono buoni alla catena ma i contadini legarono anche me con una solida correggia a un'anello fissato nel muro e gi? di nuovo a darmene cos? forte che certamente mi avrebbero finito se il mio ventre, gonfio com'era per quella mangiata di cavoli crudi e disturbato dalla diarrea, non avesse sprizzato come uno zampillo un po' di quella sciolta cos? da insozzarne alcuni mentre il fetore faceva fuggire gli altri dalla mia povera schiena mezza fracassata.
 

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